Tutta la provincia di Pavia diventa sorvegliata speciale per la peste suina. È quanto ha deciso Regione Lombardia dopo gli ultimi focolai scoppiati a Zinasco e Dorno, in Lomellina. Le zone maggiormente attenzionate sono quelle nei pressi degli stessi focolai, quindi la Bassa Lomellina fino a Garlasco, e il Siccomario fino alle porte di Pavia. In tutte queste zone sono state istituite regole molto restrittive sulla movimentazione e sul controllo dei capi presenti negli allevamenti.
Mentre si attende l’esito della conferenza Stato Regioni che dovrebbe ratificare il piano straordinario di contenimento dei cinghiali, dal territorio pavese, il primo in Lombardia a dover fronteggiare la piaga della peste suina africana, e il dibattito nelle regioni limitrofe come l’Emilia Romagna, cuore della produzione di salumi Dop a livello nazionale, si infiamma, arrivano nuove e poco confortanti notizie sulla diffusione del virus che, dopo gli allevamenti di maiali di Montebello della Battaglia e Zinasco, ha ne ha coinvolto uno anche nel Comune di Dorno, in Lomellina.
Qui sono poco più di un migliaio i capi potenzialmente infetti e che dovranno essere abbattuti e successivamente inceneriti secondo le norme vigenti di biosicurezza. In totale ad oggi gli abbattimenti, tuttora in corso, riguardano oltre 11mila animali. L’incontro di martedì tra il presidente lombardo Attilio Fontana e i vertici dei Carabinieri forestali ha sancito l’impegno dello Stato per inviare nelle aree critiche squadre di bioselettori che dovrebbero coadiuvare il lavoro delle squadre già impegnate in Oltrepò per la caccia ai cinghiali a scopo di depopolamento: attraverso la riduzione del numero di questi animali, ritenuti i principali vettori del virus, e con l’aumento delle misure di sicurezza degli allevamenti, si punta insomma a salvare la produzione di carne nella principale regione produttrice a livello nazionale.
I focolai scoppiati negli allevamenti di Montebello, e soprattutto di Zinasco, secondo alcuni mettono però in discussione l’efficacia di questa strategia. Come è arrivata, oltre la barriera naturale del fiume Po, l’infezione? Il Po è davvero una barriera efficace o, vista la siccità, è stato agevolmente superato dai selvatici dell’Oltrepò e con loro dal virus fino a raggiungere gli allevamenti? Domande a cui, al netto degli interventi dell’esercito per abbattere i cinghiali, si sta cercando di dare risposte che però, ad oggi, non ci sono.
E intanto l’epidemia corre, rischiano di mettere in crisi una filiera che, già oggi, a causa della chiusura scattata per alcuni mercati come quello giapponese, si calcolano perdite per 20 milioni al mese per l’economia nazionale per le mancate esportazioni”, conclude la nota della Regione Emilia Romagna.