Alla Borsa del riso di Mortara le facce sono tirate. Qualcuno abbozza un sorriso, amaro: “Ci mancava anche il venerdì 17”. Il caldo è opprimente. “Agricoltori ce n’è pochi, son quasi tutti mediatori – spiega un funzionario della Coldiretti – son tutti a Gambolò all’incontro con il consorzio di bonifica”. È una delle riunioni che, vorticosamente, si susseguono in questi giorni, dopo che il taglio dell’85% dell’acqua per l’irrigazione è diventato realtà. Perché d’acqua non ce n’è più per tutti. Così, al netto di abbondanti piogge, al momento assolutamente improbabili, le aziende si preparano alla perdita di gran parte dei raccolti e quindi, in alcuni casi, a chiudere bottega: quest’anno più dell’80% di mais finirà alle ortiche e almeno la metà del riso.
La terribile siccità di quest’anno porta alla luce la fragilità di un sistema agricolo che non è stato capace di prepararsi alla sfida decisiva dei cambiamenti climatici, per esempio mantenendo la rete irrigua e adeguandola all’aumento della superficie coltivata.
Alla messa di domenica, all’abbazia di Sant’Albino, padre Nunzio De Agostini pregherà con i fedeli per chiederle direttamente a Dio, la pioggia e l’acqua. E come lui, più o meno convinti o in segreto, stanno facendo migliaia di contadini.