Non c’e’ un “quadro probatorio grave per ritenere sia stato ‘turbato’ l’accordo tra Diasorin e il Policlinico San Matteo per lo sviluppo dei test sierologici per la diagnosi del Covid. Inoltre, non e’ stato commesso alcun peculato vista la “finalità pubblica” del progetto messo a punto nei laboratori dell’istituto”. Queste le ragioni che hanno portato il gip di Pavia Maria Cristina Lapi a rigettare la sospensione dall’incarico chiesta dalla Procura di Pavia per il virologo Fausto Baldanti e per i vertici di Diasorin.
Il gip ha smontato le indagini coordinate dal pm Paolo Mazza e dall’allora procuratore facente funzione Mario Venditti, sostenendo che allo stato non ci sono elementi probatori sufficienti tali da giustificare la richiesta di misura cautelare della sospensione della sua attività per Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo, e del divieto temporaneo di svolgere la professione per Carlo Rosa e per Fabrizio Bonelli, amministratore delegato e direttore scientifico di Diasorin.
Nell’ordinanza, ora impugnata davanti al Tribunale del Riesame dal pubblico ministero, il giudice ha sottolineato come “la condotta degli indagati non possa essere con certezza” ricondotta al peculato. E ciò in quanto il professor Baldanti, anche se ha “effettivamente contribuito in modo determinante all’ideazione del test” e ha usato “una parte dei sieri” donati dai pazienti e destinati, come autorizzato dal Comitato Etico, al progetto per individuare il “plasma ‘iperimmune’, ha agito con scopi di “natura pubblica” e senza perseguire alcun profitto.