Sono passati 6 anni dall’incendio al deposito rifiuti Eredi Berté di Mortara, ma questo è un anniversario diverso dai precedenti. Il mucchio di materiale, in parte parzialmente combusto e in parte nemmeno intaccato dalle fiamme, è ancora lì, in attesa di bonifica, ma intanto sembra essere molto vicina una prima verità processuale su quanto accaduto. A Pavia sono in corso due processi, ed entro fine anno arriveranno le sentenze di primo grado.
Il primo processo va al cuore della vicenda, e vede Vincenzo Berté accusato di incendio doloso, e cioé di aver materialmente appiccato le fiamme. La prossima udienza, che con tutta probabilità sarà anche l’ultima, è in programma il 18 settembre: in quell’occasione l’ex titolare dell’azienda tornerà a parlare, anche se solo per alcune precisazioni rispetto a quanto già dichiarato.
L’altro processo, invece, riguarda la gestione dell’azienda Eredi Berté e del gruppo di cui faceva parte. Qui Vincenzo Berté è imputato per reati che l’accusa contesta in concorso con il socio Andrea Biani: traffico illecito di rifiuti, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio continuato. Il loro consulente dell’epoca, Vincenzo Ascrizzi, è invece accusato di riciclaggio. Anche questo processo è alle battute conclusive, e l’obettivo del collegio giudicante è di arrivare a sentenza entro Natale. Due processi diversi, ma che stanno correndo paralleli.
In entrambi, uno degli elementi forti dell’accusa è la testimonianza della superteste Sabrina Zambelli, ex moglie di Vincenzo Berté, che in aula per due volte (una volta per ogni processo) ha affermato di essersi sentita dire dall’ex coniuge l’espressione “l’ho fatto”, con un accendino nero in mano. Accendino che la donna ha fatto sapere di conservare ancora tra le sue cose. Un rogo per evitare il controllo Arpa previsto proprio il giorno dell’incendio, che, secondo la versione di Zambelli, avrebbe potuto significare la revoca delle autorizzazioni ambientali e la fine dell’azienda.
Anche la strategia della difesa, nonostante nei due filoni cambino sia le imputazioni che gli imputati, ha tenuto un atteggiamento simile: sia gli avvocati di Berté che l’avvocato di Biani puntano a dimostrare che ai due non convenisse economicamente l’eventualità dell’incendio, e che proprio in seguito al rogo l’azienda sia colata a picco rendendo impossibile qualsiasi piano di risanamento. Il quadro è ormai abbastanza delineato: accusa e difesa sono pronte a giocarsi le ultime carte, e presto la cittadinanza e le parti civili avranno una risposta dal tribunale.