Come uno di quei focolai che hanno devastato la nostra regione dall’inizio del 2020, adesso sono le fiamme della polemica a non dare segno di volersi spegnere. Ad alimentarle, la chiusura delle indagini che la procura di Bergamo sta svolgendo sulla gestione della fase iniziale della pandemia e sulla mancata zona rossa nella bergamasca. Un’inchiesta che ha visto iscrivere al registro degli indagati anche il governatore Attilio Fontana, oltre all’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza e l’allora assessore alla Sanità, Giulio Gallera.
Il rieletto governatore continua la difesa delle azioni di Regione Lombardia in quelle drammatiche settimane.
A soffiare sulle braci c’è anche la relazione del microbiologo – e oggi senatore del Partito Democratico – Andrea Crisanti, che ha redatto una consulenza poi depositata alla Procura di Bergamo. Nel testo, Crisanti sostiene che il governatore lombardo erano “informati sulla previsione degli scenari” e che “la diffusione del contagio non lasciava dubbi sul fato che le azioni intraprese non stavano avendo effetto”. “Ciononostante – scrive ancora il microbiologo – per 10 giorni non furono prese azioni più restrittive”.
Parole che Fontana ha mostrato di non gradire.