La prima udienza del processo per il caso di Eitan Biran si è conclusa con accordo: il bambino -secondo quanto filtrato da fonti legali- rimarrà per il momento in Israele e starà con la famiglia materna 3 giorni e 3 giorni con la zia Aya. Le intese raggiunte dalle due famiglie in sede di udienza – hanno poi precisato i legali – sono volte a mantenere “la privacy del bambino, che in questo momento ha bisogno di tranquillità. Non pubblicheremo nessuna informazione né sul contenuto dell’udienza né sulle condizioni di salute di Eitan e chiediamo alla stampa di fare altrettanto”.
Per i legali delle due famiglie, l’accordo punta a “difendere il piccolo Eitan e la sua sicurezza, la sua integrità e la sua tranquillità”. Questa mattina in aula erano presenti solo la zia materna, Aya, e il nonno Shmuel Peleg, che in Italia è stato iscritto nel registro degli indagati -assieme alla nonna Esther Cohen- con l’accusa di sequestro di persona aggravato. Stando a quanto spiegato da una dei legali italiani di Shmuel, l’avvocato Sara Carsaniga, i nonni e gli zii materni sono “soddisfatti” dall’esito di questa prima udienza perchè “loro non hanno mai precluso la possibilità che il bambino vivesse accanto anche all’altro ramo familiare, mentre a loro questa possibilità è stata preclusa dalle decisioni dei giudici italiani”. Aya Biran, poco prima di entrare in aula, ha invece confermato la sua volontà di riportare il bimbo in Italia.
L’udienza è stata quindi aggiornata all’8 ottobre, con la possibilità che si svolgano altre udienze anche nei due giorni successivi. In quelle date si valuteranno le prove e l’interesse del minore sulla base della Convenzione dell’Aja. Nel procedimento, hanno chiarito i legali della famiglia materna, “non si entrerà nel merito di quali siano i diritti della zia o dei nonni, ma si guarderà all’interesse del bambino, alla sua vita, alle sue condizioni, per valutare se ci siano eventuali pericoli o pregiudizi per lui nello stare nello Stato in cui si trova o in quello da cui proviene”.